La lenta natura del tempo

Per Penelope attesa e lentezza, erano vita;
per Ulisse, vent’anni, il rientro a casa.
L’attesa e la lentezza del tempo, erano normalità.
E mai nessuno si fermò a riflettere, sulla normalità.
Nessun poema, nessun racconto, nessuna ode.
I viaggi duravano anni, a piedi, a cavallo, in caravelle;
nelle clessidre scorreva sabbia, con normale lentezza. Naturalezza.
Avvenne poi l’impensato, l’inimmaginato,
pensato e immaginato solo dai pochi,
che confusero il tempo per un nemico,
la chiamarono Rivoluzione. Lo chiamarono ingegno,
creando l’ingannevole concetto, della “perdita di tempo”.
Da normale costante, l’attesa e la lentezza del tempo
divennero anormali, innaturali, un male,
un’anomalia nel sistema a cui porre rimedio.
Il tempo assunse velocità, diventando denaro,
partorendo la schiavizzante nozione, del “tempo risparmiato”.
La clessidra venne messa al rogo, a rimpiazzarla un ingranaggio
di precisione, misurante i millisecondi che da quel momento
avrebbero scandito la disumana esistenza, dell’essere umano.
Penelope attende ora Ulisse, armata di cronometro.
Una produzione in serie, garantisce un millantato successo.
I due intraprendenti signori esaltano la velocità ed il “tempo guadagnato”,
mentre il dotto dalla folta barba asserisce che
il nuovo meccanismo “ruba il tempo necessario,
al consumo di aria fresca e al godimento della luce del sole”.
Phileas Fogg vince la sua scommessa girando il mondo
in ottanta giorni al suo ritorno viene tuttavia informato
con un entusiasmo che non riesce a condividere
che è ora possibile la circumnavigazione in settantotto.
Con il passare del tempo e velocemente, l’umanità intera accetta
Che il tempo sia di fatto null’altro
che un fastidioso granello di sabbia nell’ingranaggio
di un meccanismo, ormai Universale.
Il tempo prende l’uomo in ostaggio, facendone suo schiavo,
e “l’uomo diventa, orologio di sé stesso”.
Tra il tempo del lavoro ed il tempo delle vacanze
si esclude senza rendersene conto, il tempo per la sorpresa
l’improvvisazione, l’evento straordinario.
Tutto è noioso, previsto, straordinariamente ordinario.
Dopo aver incastrato colossali orologi sulle facciate
di ogni accomodante palazzo, non avendolo ancora capito,
ma attribuendogli una spropositata importanza
nonché un illogico potere, altri intraprendenti signori
decidono di addomesticare il tempo ulteriormente
per agevolare il commercio e la comunicazione,
la Terra viene divisa in ventiquattro fusi orari,
ed il tempo cammina finalmente, sui continenti
a passo cadenzato.
L’attesa e la lentezza del tempo muoiono nell’oblio
E Penelope, non attende più.