L’ostinato minatore opera
instancabile, giorno dopo giorno,
nutrendo ineluttabilmente
la soffocata paura della pietra,
il solido timore
che non cesserà di picchiarla,
ancora e ancora
e forse per niente.
Il fochino interviene a tratti
decidendo se e quando
fare della padrona una smorza,
terrificando la pietra
tremante ad ogni suono
del prezioso corno di ottone
preannunciante il brillamento della volata.
La pietra sa di custodire il prezioso minerale,
l’intaccabile pepita cristallina ,
ma non ha alcuna intensione di regalarlo,
lo ha già fatto altre volte
solo per poi essere maltrattata,
buttata via durante una logorante gravinatura
come inutile sterile da scarto.
Subisce quindi in silenzio
i ripetuti colpi
perforanti l’intero giacimento,
scuotendola con il riverbero
di quell’assurda sensazione.
La lesta tregua è offerta
unicamente dallo spostamento del minatore
che sui precari binari del carreggio
attraversa continuamente
il corpus callossum
per accertarsi di picchiare ogni fronte,
di non tralasciare alcuno spazio,
cosicché nell’intera miniera
regni il romantico terrore
che non sarò capace di amare ancora.
L’ostinato pensiero opera
instancabile, giorno dopo giorno,
nutrendo ineluttabilmente
la mia soffocata paura,
il solido timore
che non cesserà di picchiarmi,
ancora e ancora
e forse per niente.